pubblicata su ICARO n. 29 - Marzo 2000
La pubblicazione della storia di vita di Roberta, su ICARO 28, Balla col Lupus, ha scatenato da parte di molti nostri iscritti la curiosità e la speranza di poterla contattare e di condividere la sua stessa esperienza. Ci siamo chiesti se fosse giusto, da parte nostra, creare speranze ed entusiasmi per queste realtà di terapie da noi non direttamente verificate. In seguito a questi nostri dubbi, pubblichiamo il contributo del Dottor Pasquale Romano.
A PROPOSITO DI TERAPIE NON CONVENZIONALI .Pasquale Romano
Sovente riceviamo e pubblichiamo, nella parte dedicata alle storie di vita, esperienze personali, positive e negative che siano. La lettera di Roberta mi ha molto colpito come credo anche molti nostri lettori per i toni ma soprattutto, per il risultato finale, fortunatamente andato a buon fine. Siamo contenti per Roberta che ha trovato dopo anni una strada o una risposta soddisfacente alle sue esigenze di salute.
Molti ci hanno chiesto di poter mettersi in contatto con Roberta, nell'intento di seguire la sua strada ed eventualmente ottenere gli stessi risultati. Se da una parte, nostro compito era quello di passare semplicemente le notizie, dall'altra, come ripetutamente abbiamo sottolineato in tutte le sedi in cui l'associazione ha promosso incontri, riteniamo che ogni malato di LES abbia una sua individualità, e quindi non possa essere paragonato a nessun altro. Diverso è infatti il terreno biologico di ciascuno su cui si innesca la malattia, diverso il contesto socio-culturale nel quale la malattia viene vissuta, diverse sono le dinamiche di prevenzione e cura e riabilitazione a cui ogni malato viene sottoposto. Dando per scontato quindi, che se le modalità di cura cui si è sottoposta Roberta posso- no per lei avere avuto una valenza così determinante non è detto che questo valga come criterio generale per tutti...
Rimangono alcune considerazioni che credo possano essere anche motivo di dibattito all'interno della rivista, riassunte qui di seguito:
La scienza nella accezione del termine, non è fatta è vero di titoli, di ruoli, di potere, di denaro, di plagio, di sudditanza psicologica, ma di tutte quelle cose che possono mettere ogni individuo, in quel preciso momento, secondo le sue necessità, nelle condizioni migliori per poter affrontare il suo problema.
Auspichiamo quindi che, dal paziente con solo alcune manifestazioni elementari, all'in- sufficiente renale o altro, per citare due situazioni agli antipodi, tutti possano avere una risposta nel rispetto della loro dignità di uomini o donne. Si è fatto un gran parlare, ad esempio, in questi ultimi anni, di quella parte della scienza medica che va sotto il nome delle cosiddette terapie non convenzionali (agopuntura, e coll., omeopatia, fitoterapia, yoga, programmazione neurolinguistica, etc., etc.). Noi crediamo, e ne abbiamo discusso anche all'interno dell'Assemblea dei soci, tenuta a Genova, il 13 novembre scorso, che possano integrare in modo anche soddisfacente le terapie classiche, evitando alcune volte il sovradosaggio di farmaci o più semplicemente, aiutando ad affrontare con più consapevolezza la malattia.
Il tentativo, forse meglio dire lo sforzo, che tutti dobbiamo fare è quello di comprendere che ogni paziente va rivestito delle sue necessità ed il compito di chi si occupa della cura ed in alcuni casi della prevenzione di questa malattia, è quello di ampliare il bagaglio culturale sapendo che può contare sulla professionalità ed esperienza di molte altre componenti.
Sono lieto, comunque che Roberta abbia trovato la sua strada.