Il giorno 6 dicembre 2001 presso la Facoltà di Psicologia dellUniversità degli Studi di Parma ho discusso la tesi di laurea, conseguendo il voto di 105/110 (8 punti). Largomento ha riscosso interesse e successo sia tra la commissione che tra il pubblico, così ho deciso di fare partecipi tutti i lettori e le lettrici di Icaro, anche per ringraziare, con loccasione, alcune di loro che hanno costituito parte integrante del gruppo sperimentale, utilizzato per la mia ricerca. Ho riportato in questarticolo gli obiettivi, i metodi, i risultati e le conclusioni a cui il mio studio è giunto, ovviamente in modo sintetico e con un linguaggio assai semplice, in modo che sia comprensibile anche da chi non è esperto in materia. Alla fine sono indicati due approcci psicoterapeutici ,comprendenti tecniche diverse, che sono stati adoperati con i pazienti affetti da patologie autoimmuni, in modo che, chi si voglia accostare ad un percorso di psicoterapia, possa scegliere quale, secondo lui, può essere il più appropriato, in quanto spesso non si è a conoscenza che la psicologia comprende scuole e punti di vista differenti, e che non tutte le terapie sono indicate per la medesima patologia, anche se lobiettivo principale e comune resta sempre la salute del nostro paziente.
Il LUPUS ERITEMATOSO SISTEMICO (LES) è una malattia cronica a patogenesi autoimmune, caratterizzata da lesioni infiammatorie che possono colpire qualsiasi tessuto o organo; la causa è sconosciuta, ma i fattori predispondenti sono il sesso femminile, gli ormoni (estrogeni) e lereditarietà. Essi però costituiscono solo il substrato su cui agiscono i fattori scatenanti: tra quelli noti i raggi UVA ed alcuni farmaci.
Dallanalisi della letteratura psicologica sul LES è emerso che una delle caratteristiche più comuni di tale patologia è linteressamento del Sistema Nervoso Centrale (SNC), che si può manifestare sia con sintomi neurologici che psichiatrici. La mia ricerca si è proposta di sondare però la struttura di personalità di tutti i pazienti LES, ossia non solo di quelli che presentano disturbi psichiatrici, i quali già sono stati considerati dalla maggior parte delle ricerche.
Gli obiettivi che la ricerca si è proposta di raggiungere sono:
Anche il diabete è una patologia cronica, coinvolgente il Sistema Immunitario, che colpisce in età precoce e costringe il paziente a terapie farmacologiche costanti e a sottoporsi a continui monitoraggi clinici, ma non risulta dalla letteratura che queste patologie siano state mai comparate mediante studi sistematici.
Lipotesi di partenza è che i soggetti affetti da LES presentino nei profili dei test somministrati punteggi più elevati nelle scale psicopatologiche rispetto ai diabetici, in quanto il LES è una patologia cronica ed invalidante, che può coinvolgere direttamente il Sistema Nervoso Centrale, le terapie farmacologiche, per lo più di tipo corticosteroideo, producono a causa dei loro effetti collaterali un calo dellautostima e disturbi depressivi ed inoltre lo studio delle psicosi funzionali e dei disturbi di tipo psicoorganico hanno oscurato nella ricerca scientifica gli aspetti psicologici veri e propri riguardanti il LES.
Il campionamento dei soggetti sia del gruppo sperimentale (pazienti LES), sia del gruppo di confronto (pazienti diabetici), è stato eseguito seguendo precise norme statistiche, per far sì che entrambi i gruppi risultassero omogenei riguardo a variabili come sesso, età, anni di scolarità, area geografica di residenza,stato civile, etc. Il metodo utilizzato è stato la somministrazione di una batteria di test :MMPI-2 (Minnesota Multiphasic Personality Inventory 2), CBA 2.0 (Cognitive Behavioral Assestment, Scale Primarie) e BDI (Beck Depression Inventory).
Dopo aver elaborato i dati, attraverso unanalisi statistica computerizzata, si è giunti ai seguenti risultati:
2) Nel gruppo sperimentale LES è evidente una tendenza nettamente depressiva
Le conclusioni che si possono trarre sono le seguenti:
a) Lipotesi di partenza che prevedeva una tendenza maggiore dei soggetti affetti da LES a sviluppare caratteristiche psicopatologiche rispetto ai diabetici, è stata confutata. Indagare le cause di ciò non rientra negli scopi di questa ricerca, ma è possibile formulare qualche ipotesi.
E vero dunque che il diabete è una patologia di gran lunga più diffusa e conosciuta del LES (esso colpisce il 3% della popolazione mondiale), è assodato che non comporta dolore fisico, che non ci siano importanti modificazioni dellimmagine corporea, che insomma il malato diabetico non soffre di una patologia clinica esteriormente evidente, ma non sono da sottovalutare i numerosi disagi che tale patologia può portare e che potrebbero scatenare reazioni comportamentali disadattive.
Infatti il diabetico è anche colui che, soprattutto in età adolescenziale, si trova ad affrontare una patologia che comporta : una dieta attenta e povera di zuccheri, liniezione quotidiana di insulina, il rischio di cadere improvvisamente in coma ipoglicemico, il rischio di presentare disturbi visivi (cataratta, retinopatia), nefropatie (insufficienza renale), neuropatie, disturbi sessuali (nelle donne vaginismo ed anorgasmia; negli uomini impotenza) e rischio di malformazioni fetali in gravidanza .
Ciò preclude il paziente alle attività e alle relazioni sociali, che, soprattutto in età adolescenziale, rivestono un ruolo di fondamentale importanza. Infatti letà di insorgenza è risultato un importante fattore predisponente di caratteristiche nevrotiche o disturbi emozionali .
Secondo il modello integrativo (uno dei modelli di medicina psicosomatica) il diabete, come il LES, presenterebbe un cronico blocco emozionale; gli eventi stressanti, come un evento luttuoso o di perdita, vengono valutati cognitivamente in modo negativo, cioè attiverebbero il sistema endocrino e neurovegetativo, che alla lunga stimolano cronicamente il sistema immunitario, e i fattori genetici ed ereditari costituirebbero il substrato della malattia. Laspecificità di tale modello è il limite come ormai sappiamo delle patologie psicosomatiche, quindi è improprio ipotizzare tipologie specifiche di personalità.
Il fatto che una malattia somatica, in questo caso il diabete, comporti problemi di personalità ed adattamento, rispetto ad unaltra, può essere attribuito a variabili di tipo esterno, come per esempio lambiente e le risorse che questo è in grado di fornire al paziente, il grado di controllo della malattia, strategie di coping (cioè la capacità di far fronte alle situazioni) proprie del soggetto ed ovviamente la personalità premorbosa (cioè prima della malattia).
Per ciò che riguarda i pazienti LES nello specifico, è stata psicometricamente evidenziabile dallMMPI-2 una tendenza nettamente più depressiva data dallelevazione della triade nevrotica (Hs, D, Hy). Le scale delle aree psicotiche del test (Pa, Pt, Sc) non risultano significativamente elevate. Ciò potrebbe inficiare lo studio di Pancheri e Giacomello (1984) che vedeva una maggiore elevazione delle scale "psicotiche " del profilo MMPI-2 rispetto a quelle "nevrotiche" del profilo del test. Comunque la tendenza allelevazione generale del profilo MMPI-2 e la sua configurazione nettamente "nevrotica" vanno considerate come reazioni emozionali alla malattia somatica che, come nel caso del diabete, risulta dolorosa ed invalidante.
Dal profilo CBA 2.0 i soggetti le scale che hanno ottenuto le frequenze di risposta maggiori sono quelle che delineano i soggetti come instabili emotivamente (EPQ-N), disadattati socialmente (EPQ P), preoccupati eccessivamente per il proprio stato di salute (QPF) e con numerose fobie (IPF), soprattutto per ciò che riguarda le critiche e il rifiuto sociale e la possibilità di incorrere in gravi pericoli personali.
Complessivamente, alla luce dei dati, si potrebbero definire i pazienti LES come tendenzialmente tesi, nervosi e depressi, preoccupati eccessivamente. Essi si sentono vulnerabili e tipicamente anticipano i problemi prima che essi si presentino. Lamentano numerosi disturbi somatici, esaurimento , stanchezza, ritmi personali rallentati e bradipsichismo (lentezza nel pensiero). Tendono a riflettere e a rimuginare molto. Le caratteristiche di personalità più evidenti sono: docilità, personalità passivo-dipendente nelle relazioni con problemi di assertività, lincapacità di formare profondi legami emotivi ed eccessivo affidamento sulle persone. Tendono ad indurre negli altri un atteggiamento protettivo nei propri confronti. Inoltre tali soggetti si sentono inadeguati, insicuri ed inferiori, intrapunitivi quando si tratta di affrontare sentimenti di aggressività.
Come già sottolineato nel caso del diabete, il fatto che i soggetti presentino tale struttura di personalità non vuol dire che essa sia tipica della patologia LES. Infatti occorre tener conto anche della sintomatologia premorbosa, degli effetti collaterali dei farmaci assunti, dellinfluenza della malattia cronica sullimmagine di sé e sullautostima, gli esiti psicopatologici dovuti al coinvolgimento del SNC, limpatto psicologico della malattia sulle relazioni sociali e soprattutto dellimpatto psicologico che ogni malattia cronica può portare e cioè stili di coping, reazioni di distress, sintomatologia depressiva ed ansiosa, problemi di adattamento alla nuova condizione, la revisione degli stili di vita e limpatto che tutti questi fattori hanno sul sistema di personalità. Linsieme di queste variabili infatti devono essere considerate in un eventuale iter psicoterapeutico, qualsiasi sia limpostazione a cui lo psicologo clinico faccia riferimento. A tal proposito, cito, come accennato sopra, due tra i maggiori approcci psicoterapeutici esistenti, che si sono occupati e si occupano della cura delle patologie psicosomatiche come il LES: la terapia psicoanalitica e quella cognitivo-comportamentale.
Terapia psicoanalitica
Losservazione che pazienti affetti da LES presentano con estrema frequenza un quadro di personalità caratterizzato da una bassa reattività emozionale, con difficoltà ad esprimere le emozioni a livello comportamentale e, in particolare, a manifestare la propria aggressività, è stata alla base di tentativi terapeutici soprattutto di tipo psicoanalitico.
Caratteristica comune di questi tentativi, che hanno vantato qualche successo terapeutico nel LES, è stata lutilizzazione di tecniche che hanno permesso la liberazione di valenze aggressive, represse o rimosse da parte dei pazienti trattati. Quando ciò è avvenuto si è osservato un rapido miglioramento delle condizioni cliniche del paziente, non limitato ai suoi problemi di tipo emozionale, ma esteso alla patologia lesionale ed infiammatoria della patologia (Ludwig, 1967; Schwartz 1978).
Mancano purtroppo studi sistematici su casistiche sufficientemente ampie che confermino questi risultati. Comunque, da un punto di vista generale, si dovrebbe ritenere che ogni approccio terapeutico, che favorisca la liberazione controllata delle valenze emozionali ed aggressive represse, possa teoricamente agire favorevolmente sul decorso del LES. Naturalmente occorre una notevole cautela nellapplicare questo tipo di approccio psicoterapeutico, che in ogni caso va associato alle terapie mediche "classiche".
Va tenuta presente la resistenza che comunque hanno i malati psicosomatici e quelli affetti da LES ad affrontare qualsiasi psicoterapia. Una forzatura inesperta ed inopportuna di questa resistenza potrebbe infatti risolversi semplicemente in un aumento dellansia ed un peggioramento della sintomatologia. Inoltre va tenuto presente che un approccio psicoterapeutico di questo genere non si propone la rottura delle difese del paziente, ma un addestramento a un uso più modulato delle stesse, in modo da ripristinare la normale, periodica reazione di stress.
Nella letteratura sulla psicoterapia del LES si trovano vari lavori che depongono per lutilità della terapia di gruppo. In realtà, nella maggior parte dei casi, più che di psicoterapie di gruppo specifiche, analoghe a quelle usate in psicopatologia, si tratta di gruppi di incontro e di discussione tra pazienti e membri dello staff curante, di cui frequentemente fa parte uno psicologo (Zeitlan, 1977; Henkle, 1971; Gentry et al,1977).
Lutilità sul piano clinico di questi gruppi non è chiaramente dimostrata anche se, presumibilmente, essi ottengono una riduzione dellansia e delle valenze depressive attraverso un miglioramento dellinformazione, un rinforzo dei meccanismi cognitivi di gestione ed un miglioramento della comunicazione emotiva.
Terapia cognitivo-comportamentale
Questo tipo di approccio coniuga interventi di tipo sia cognitivo che comportamentale. In letteratura però non sono riportate ricerche che hanno studiato la relazione tra questo tipo di psicoterapia e il LES, così mi limito a riportare gli interventi che questo approccio propone per tutte le patologie croniche in generale. Essi si distinguono in: