Gli anticorpi anti-P ribosomiali nel lupus eritematoso sistemico
Prof. Roberto Gerli, Cattedra di Reumatologia, Università degli Studi di Perugia
Da diversi anni è noto che i pazienti con lupus eritematoso sistemico (LES) spesso presentano nel sangue, tra i diversi autoanticorpi circolanti, anticorpi rivolti verso i ribosomi, organelli citoplasmatici nei quali si svolgono fisiologicamente i principali processi di sintesi proteica della cellula. Lutilità clinica ed il significato patogenetico di questi autoanticorpi è rimasto oscuro sino alla fine degli anni 80 quando autorevoli ricercatori americani descrissero per la prima volta unassociazione tra anticorpi rivolti verso alcune proteine dei ribosomi (denominate P0, P1 e P2) e manifestazioni psichiatriche di tipo psicotico da lupus. Dopo tale segnalazione, numerosi studi hanno indagato se manifestazioni neuropsichiatriche o di altro genere in corso di LES potessero essere legate alla presenza di anticorpi anti-P. Con i risultati sinora ottenuti con analisi in diverse malattie su base autoimmune, oggi sappiamo con certezza che anticorpi anti-P ribosomiale si trovano pressochè esclusivamente in pazienti con LES e possono quindi rappresentare una sorta di "marker" di questa malattia. Essi, peraltro, si trovano in genere solo in un gruppo di pazienti, con percentuali comprese tra il 10 ed il 20% nelle casistiche europee ed americane, mentre è possibile riscontrarli in percentuali più elevate (intorno al 40%) in pazienti asiatici. La variabilità di frequenza degli anti-P a seconda della etnia della popolazione studiata è verosimilmente legata al fatto che la produzione di autoanticorpi anti-P è sotto una sorta di controllo genetico. Ciò può anche spiegare losservazione che i pazienti lupici con anti-P sviluppano in genere la malattia in età più giovanile e presentano in genere una malattia più aggressiva rispetto ai pazienti senza evidenza di anticorpi anti-P circolanti. Lassociazione tra anti-P e manifestazioni neuropsichiatriche da LES non è stata sempre confermata nei diversi studi sinora condotti e ciò può essere legato al fatto che sotto la denominazione di neuroLES vengono incluse numerose manifestazioni assai diverse tra loro che non necessariamente trovano meccanismi patogenetici comuni. Sulla base delle attuali conoscenze si ritiene che gli anti-P non siano associati a manifestazioni neuropsichiatriche in senso globale, ma forse con episodi psicotici durante i quali si avrebbero elevati livelli autoanticorpali nel siero.
Altre associazioni molto interessanti che sono state successivamente descritte sono quelle tra anti-P e convolgimento lupico renale, cutaneo (in particolar modo negli studi europei) e, soprattutto, epatico. A proposito di questultimo è da sottolineare che, benchè lepatite lupica sia evento piuttosto raro in corso di LES, lassociazione con gli anti-P è così stretta che farebbe ipotizzare un ruolo patogenetico diretto di questi autoanticorpi nella induzione del danno tissutale del fegato.
Infine, molto interessante è lassociazione sierologica tra anti-P ed anticorpi anticardiolipina, anticorpi che, come noto, possono favorire vasculopatie trombotiche. Da analisi preliminari sembrerebbe tuttavia che quando questi due autoanticorpi sono presenti simultaneamente nel siero di un paziente lupico, il rischio protrombotico non sia così elevato, ponendo quindi una serie di quesiti che attendono risposte più precise.
In conclusione, gli anticorpi anti-P sono degli autoanticorpi che si possono rilevare nel siero in alcuni pazienti con LES e che possono avere probabilmente una notevole rilevanza nella diagnosi della malattia, nella identificazione di soggetti a rischio per lo sviluppo di alcune manifestazioni lupiche e nella patogenesi della malattia stessa.