Pubblicato su ICARO n.26

LA CONNESSIONE GENETICA

Tradotto da "The Lupus Book" di Daniel J. Wallace

 

Il lupus è una malattia determinata geneticamente? Si ripresenta in più membri della stessa famiglia? Come può essere trasmesso o ereditato? Sono domande frequenti, ma la risposta non è semplice.

I ricercatori attualmente ritengono che svariati geni che predispongono al lupus vengono ereditati. Tra questi il ‘complesso maggiore di istocompatibilità’ o MHC, che comprende la regione HLA (human leukocyte antigen), situata in un'area specifica di cromosoma. Con l'HLA, ereditiamo anche i geni che codificano per i recettori dei linfociti T ed altri geni rilevanti per il LES, come quelli delle immunoglobuline. Ognuno di noi eredita un'‘impronta’ chimica specifica, come ereditiamo il nostro gruppo sanguigno. Tutto ciò appare probabilmente molto confuso, ma nelle prossime righe ci avvicineremo in modo più concreto al modo in cui i principi della genetica si applicano alla nostra conoscenza del lupus.

 

Il complesso maggiore di istocompatibilità: un sistema di geni

Ogni cellula umana che contenga un nucleo contiene anche ventitré paia di cromosomi. Noi ne ereditiamo uno per ogni paio da ciascuno dei genitori. Questi cromosomi sono sede del materiale genetico responsabile, tra le altre cose, del sesso, del colore degli occhi, dei capelli e di alterazioni come quelle che determinano l'incapacità di distinguere i colori o l'essere malati di fibrosi cistica. Durante la mappatura i genetisti hanno distinto nei cromosomi un braccio lungo ed uno corto e per comodità li hanno numerati.

Sul braccio corto del cromosoma 6 è situata una serie di siti specifici, chiamati marcatori genetici, che determinano l'assetto del sistema HLA in ogni individuo. Descritta per la prima volta nei primi anni '70, la regione HLA contiene geni che potrebbero predisporre ad un numero consistente di malattie, soprattutto di natura reumatica. Esaminare l'HLA è semplice e prevede solo un prelievo di sangue, ma l'applicazione al lupus di questo test non è ancora affidabile. Quando sarà scoperto qualcosa in più riguardo alle associazioni geni-malattie, esso diventerà certamente più diffuso.

Il sito dell’HLA consiste in 3 regioni ben definite e funzionalmente distinte, note come classi I, II e III. La classe I è espressa su tutte le cellule con un nucleo ed è divisa nei sottotipi A, B e C. La classe II è presente sulle cellule capaci di presentare antigeni (materiale estraneo) ai globuli bianchi e comprende il sottotipo D. Le regioni D sono ulteriormente divise in ‘sottoregioni’, tra cui DP, DQ e DR. La classe III contiene i geni strutturali che producono una serie di sostanze importanti nel lupus, quali il complemento, il fattore di necrosi tumorale ed altre.

L'HLA di un individuo si classifica in base al suo sottotipo (A, B, C o D). Numerosi alleli (geni che occupano le stesse posizioni su cromosomi omologhi) possono essere trovati sullo stesso marcatore o sito; ci sono più di un centinaio di possibili combinazioni, che sono ulteriormente suddivise.

Se questo sembra complicato, non preoccupatevi; questi argomenti spesso confondono i migliori immunologi e reumatologi.

Una combinazione di alleli su diversi loci HLA è detta 'aplotipo'. L’aplotipo può differire notevolmente nei vari gruppi razziali ed etnici. Ad esempio, l'HLA-B27 (il marcatore associato con una malattia spinale conosciuta come spondilite anchilosante) si trova nell'8% degli americani di origine caucasica, ma è molto raro tra gli americani di origine africana.

La probabilità statistica che due particolari aplotipi siano presenti insieme è circa del 2% (per esempio, A6 con B5). In alcune malattie reumatiche, tuttavia, questa probabilità è molto più alta.

La tabella sottostante illustra la classificazione del sistema HLA. Le definizioni di per sé non sono importanti per i nostri scopi; ciò che importa è che geni specifici sono ereditati e che questi possono predisporre una persona a manifestare la malattia.

 

Regione HLA del complesso maggiore di istocompatibilità:

Classe I - su tutte le cellule nucleate

Markers A

Markers B

Markers C

Classe II - su tutte le cellule che presentano antigeni

Markers DP

Markers DQ

Markers DR

Classe III - contiene i geni strutturali che producono sostanze importanti nel lupus, tra cui:

Complemento

Ormoni

Citochine

 

 

Perché l'HLA è importante nelle persone con lupus?

Cosa significa tutto ciò per il lupus? Prima di tutto, alcuni tipi o particolari manifestazioni della malattia sono correlati (si trovano spesso ma non sempre) con markers HLA molto specifici. Ad esempio, il lupus neonatale (lupus che si presenta alla nascita) è più frequentemente riscontrato nei bambini che possiedono gli aplotipi A1, B8, DR3 e DQw52. I pazienti con lupus discoide tendenzialmente hanno marcatori DR4, e il DR3 è presente in coloro che hanno uno specifico problema della pelle, conosciuto come lupus subacuto cutaneo.

La sindrome di Sjogren (occhi e bocca secchi e artrite), che si trova in molti pazienti con lupus, è associata con B8, DR3 e DRw52. DR2 e DR3 sono osservati più di frequente nei caucasici con discendenti dell'Europa occidentale rispetto ad altri tipi DR. La presenza di DQw1 si correla con certi autoanticorpi come quelli anti-DNA, anti-Ro e anti-La. Alleli 'nulli' o assenti possono essere legati a deficienze nel livello del complemento, che si trovano spesso nel LES.

Sebbene non sia stato ancora identificato 'il' gene del lupus, alcuni marcatori genetici e altri geni non HLA si correlano con specifiche caratteristiche di malattia e con alcuni autoanticorpi. Diverse combinazioni di geni possono essere associate ad un rischio di sviluppare LES fino a venti volte maggiore. Gli studi in questa area sono ancora all'inizio, e forse alcuni sistemi non ancora descritti potrebbero risultare più importanti di quelli che sono già stati identificati rispetto al rischio di ammalarsi di lupus.

 

Quale è il rischio di ammalarsi per i familiari di un paziente con lupus?

Se avete il lupus, i vostri parenti più stretti (fratelli, sorelle, genitori, figli), hanno un rischio lievemente aumentato. Alcune ricerche hanno stimato questo rischio intorno al 10% per una figlia e al 2% per un figlio. Per un fratello gemello, la possibilità di ammalarsi varia dal 26 al 70%. Se il gemello non è identico, la possibilità scende al 5-10%. Fatto interessante, l’incidenza di LES nei membri delle famiglie di persone che ne sono affette è del 10-15%, mentre la possibilità di ciascuno di essi di andare incontro a malattie autoimmuni (lupus incluso) è del 20-30%. Altre patologie autoimmuni frequenti comprendono le tiroiditi (anche note come malattia di Graves e tiroidite di Hashimoto), l'artrite reumatoide e la sclerodermia.

L'organismo può produrre autoanticorpi anche senza che ci sia una malattia autoimmune. Ad esempio, quasi metà dei parenti di primo grado dei miei pazienti con lupus possono presentare un test positivo per gli anticorpi antinucleo. Comunque, gli anticorpi antinucleo rappresentano solo uno dei quattro criteri che devono essere presenti per la diagnosi di LES. Se la presenza di un test ANA positivo aumenti o no le possibilità di sviluppare lupus è ancora in dubbio. La maggior parte di queste persone, parenti di soggetti ammalati, sta bene e non presenta sintomi.

Dovrebbero essere consigliati degli esami ai figli o ai membri della famiglia di una persona con LES? Io non suggerisco alcun test fino a quando non ci sono sintomi o segni che indicano la possibilità di un problema clinico. Attualmente, non c'è nulla che si possa offrire ai portatori di un 'gene del lupus' o a coloro che hanno anticorpi senza avere sintomi. In altre parole, testarli significherebbe solo aumentare le loro ansie o paure. Solo una piccola percentuale di queste persone, infatti, svilupperà in seguito una malattia.

 

Il futuro

E' possibile, anzi probabile, che nei prossimi trenta anni saremo in grado di identificare i pazienti a rischio di ammalarsi usando il test per l’HLA o altri metodi, e che poi potremo vaccinarli per prevenire la malattia. Fino ad allora, tutti i geni che causano il lupus saranno isolati ed identificati. Potenzialmente questo ci permetterà di manipolarli nei pazienti con LES attivo per interrompere il processo patologico.