les e psicologia clinica Dott. Mucelli
Home Info Gruppo LES Italiano Gruppi Regionali ICARO Centri di cura Il medico Lo psicologo Incontri medici-pazienti Convegni scientifici Forum Links

LUPUS e Psicologia Clinica:
info-on line a cura del Dott. Roberto Mucelli


Caratteristiche psicologiche del LES
Reazione psicologica alla diagnosi
L'immagine di Sé e del proprio corpo
IL LES in adolescenza
IL rapporto di coppia
La relazione medico-paziente

INFO ON-LINE - CHIEDI ALLO PSICOLOGO: roberto.mucelli@uniroma1.i


La comparsa della malattia costituisce un trauma che mette in crisi l'organizzazione psicologica di ciascun individuo: viene sperimentato un senso di rottura con un immagine di Sé precedente, con riflessi negativi sulla autostima e sulla continuazione di una progettualità compatibile con le limitazioni imposte dalla malattia

Le risorse individuali impiegate per far fronte ai traumi fanno leva sulle caratteristiche di personalità da una parte e sulla qualità delle relazioni affettive e sociali dall'altra. La capacità di resistenza individuale é stata definita "hardiness".

Spesso un aiuto specialistico può facilitare l'attivazione delle proprie risorse ed evitare l'instaurarsi di condizioni psicologiche negative anche per il decorso clinico del LES.


Caratteristiche psicologiche del LES

L'ambiguita' e l'ambivalenza sembrano essere delle caratteristiche di fondo del Lupus Eritematoso Sistemico, che condizionano in maniera stressante il rapporto del paziente con la malattia e quindi con la propria progettualita' di vita. Fatti salvi i casi piu' gravi con evidente compromissione, le pazienti portatrici di Lupus Eritematoso Sistemico possono talvolta essere individuate solo da un occhio molto esperto, a volte per il classico lieve eritema a farfalla che adorna il loro volto, oppure per il gonfiore del volto piu' o meno accentuato, provocata dall'assunzione delle terapie corticosteroidee.

".....Sembrano sane.....", e loro stesse sono portatrici di quest'ambiguita': nell'economia di vita di un individua e' molto stressante dove fare i conti costantemente con una malattia che c'e', ma spesso non si rende evidente se non attraverso i reperti di laboratorio.

Cio' comporta il vivere in uno stato di costante allerta, verso un pericolo infido che puo' presentarsi da un momento all'altro, di cui i pazienti cercano attivamente le tracce, spesso attribuendo al Lupus Eritematoso Sistemico una forma sintomatologica che si possa presentare in maniere indipendente dalla malattia stessa.

"Anche un mal di denti fa precipitare nell'angoscia della riattivazione della malattia", "ogni cosa che ti capita non sai mai se attribuirla al Lupus Eritematoso Sistemico, ma il pensiero ti va sempre li'."

Riguardo poi all'andamento della malattia, le indicazioni prognostiche che vengono fornite non godono mai di una pur relativa attendibilita', costituiscono soltanto indicazioni di massima, visto che la malattia puo' transitare facilmente da condizioni di parziale remissione, o comunque di buon controllo della sintomatologia attraverso le terapie, a condizioni di aggravamento anche di una certa entita', e questo senza che siano individuate delle cause chiare di questo aggravarsi.

La rappresentazione che i pazienti hanno del Lupus Eritematoso Sistemico quindi e' dominata da due aspetti, uno probabile conseguenza dell'altro: la maggior parte degli aggettivi usati per definire la malattia infatti da una parte fa riferimento all'ambiguità' ed al perenne senso di pericolo imminente, dall'altra richiama come il Lupus Eritematoso Sistemico sia sinonimo di stress, stanchezza, "nevrosi".

L'alto livello di stress puo' considerarsi correlato all'altissimo livello di incertezza e senso di pericolo imminente.

La costante incertezza sull'andamento della malattia comporta due organizzazioni mentali prevalenti, una orientata da modalità fobico-ossessive, l'altra da modalità controfobiche.

Nel primo caso abbiamo il tentativo di controllare l'angoscia attivando livelli di controllo quanto piu' possibili, che vanno da un'attenzione ossessiva verso i piu' piccoli "segni" di disturbo fisico, al moltiplicarsi, delle volte eccessivo e razionalmente ingiustificato, di controlli clinici e visite specialistiche.

L'atteggiamento controfobico invece e' quello che porta a negare l'esistenza della malattia stessa, mettendo in atto, spesso attraverso uno stile di vita ipo-maniacale, un complesso sistema di evitamento di tutto cio' che possa richiamare alla mente l'esistenza del Lupus Eritematoso Sistemico.

Il controllo ossessivo ed onnipotente da una parte, l'evitamento costante dall'altra, costituiscono entrambi delle strutture di relazione che comportano un sovrainvestimento dei sistemi di controllo, a scapito della progettualita' e della capacita' di far fronte ai piccoli grandi traumi della vita quotidiana.

Il distress sarebbe quindi alimentato da entrambi i fattori menzionati, ripetiamo, sia l'ipercontrollo che l'aumentata sensibilita' ai microtraumi psicologici, stante la diminuita capacita' di farvi fronte. Il paziente con il Lupus Eritematoso Sistemico cadrebbe quindi in una sorta di circolo vizioso per cui le reazioni psicologiche alla malattia provocherebbero distress, questi a sua volta potrebbe avere una influenza diretta sull'aggravarsi della sintomatologia stessa, attraverso possibili interazioni tra il sistema neurovegetativo, il sistema endocrino ed il sistema immunitario.

Compito specifico dello Psicologo Clinico e' quelli di utilizzare dei modelli d'intervento che, facilitando l'elaborazione dell'angoscia e dell'imminente senso di pericolo, favoriscano l'esame di realta', diminuendo contemporaneamente i livelli di attivazione neurovegetativa.

torna su


Le reazioni psicologiche alla diagnosi

Spesso la prima manifestazione del Lupus Eritematoso Sistemico può essere caratteristica anche di altre malattie, puo' interessare diversi distretti dell'organismo. Cio' comporta in molti casi una diagnosi tardiva, di cui il paziente viene messo a conoscenza solo dopo diverso tempo dall'esordio della malattia.

Le prime manifestazioni sintomatiche vengono trattate nei modi piu' diversi, assecondando per lo piu' le competenze specialistiche dei medici che incidentalmente in quel momento si trovano a trattare le prime manifestazioni sintomatiche della malattia. I sintomi vengono spesso scambiati per manifestazioni di "altre malattie", a causa della particolare funzione mimetica presente nel Lupus Eritematoso Sistemico.

Le prime terapie troppo spesso risultano del tutto inadeguate, generando nel paziente e nelle famiglie un'angoscia che in taluni casi sfocia nel panico, visto il progressivo aggravarsi dei sintomi nonostante gli sforzi diagnostici e terapeutici dei medici.

E' questo il caso di Luigi, trattato per due anni come un paziente psicotico, con ricoveri in clinica psichiatrica e massicce dosi di tranquillanti maggiori, salvo poi scoprire, quasi per caso, che la sintomatologia era dovuta alle manifestazioni neurologiche del Lupus Eritematoso Sistemico che possono anche includere sintomi simil psicotici.

La terapia adeguata, tranne che nei casi piu' gravi, comporta una pronta riduzione degli aspetti piu' devastanti della sintomatologia, generando nel paziente sia il sollievo momentaneo dall'angoscia di vedere il proprio corpo andare inesorabilmente distrutto, sia una profonda e persistente sfiducia e rabbia verso le strutture ed il personale sanitario, che non e' riuscito ad individuare le reali cause della sintomatologie e a porre rimedio in breve tempo, mentre invece cio' sarebbe stato possibile.

Questo altissimo livello d'incertezza determina nei pazienti un'angoscia psicotica verso il pericolo derivante dal senso di annientamento e di ignoto.

La comunicazione della diagnosi sembra, paradossalmente, favorire la riaquisizione di un maggior equilibrio psichico.

La reazione alla diagnosi sembra quindi differenziarsi, ad esempio, da quella dei pazienti con neoplasie. Per questi ultimi vengono descritte quattro fasi di reazione psicologica alla malattia, la fase di shock, di reazione, di elaborazione, di riorientamento.

La fase immediatamente successiva alla diagnosi, viene descritta in termini di shock, di "frattura nel senso di continuita' del se'", come catastrofe: abbiamo visto come cio' nel Lupus Eritematoso Sistemico inizi non con la comunicazione della diagnosi ma con la iniziale percezione delle "impossibilita'" di trattare la sintomatologia.

La comunicazione della diagnosi di Lupus Eritematoso Sistemico genera quindi una congerie di sentimenti ambivalenti: la cessazione del panico verso l'ignoto ma l'instaurarsi dell'angoscia dovuta all'essere portatori di una malattia poco conosciuta, quindi erroneamente considerata "rara"; il potersi finalmente affidare ad un' 'équipe di medici esperti sulla malattia e la perdita di fiducia nella classe medica che "non ha saputo" individuare in tempo la causa del malessere, comminando al paziente ed alla famiglia infinite sofferenze; vedere la rapida regressione dei sintomi piu' inquietanti, ma rinunciare con amarezza all'idea della guarigione.

v. anche Diagnosi: che fare?

torna su


L'immagine di Sé e del proprio corpo

Come abbiamo visto il Lupus Eritematoso Sistemico colpisce soprattutto donne, prevalentemente in giovane eta'.

Il Lupus Eritematoso Sistemico puo' comportare caduta dei capelli, eritemi, vasculiti, gonfiore degli arti, lividi e porpora. Nelle fasi acute della malattia l'immagine di Se' puo' modificarsi in maniera consistente, tanto da comportare alcune reazioni di ritiro sociale.

Soprattutto in donne giovani, per le quali l'immagine di Se' costituisce un'area molto investita, di vitale importanza per l'autostima necessaria a sostenere l'impatto delle relazioni sociali.

L'assunzione frequentissima di terapie cortisoniche poi determina quel classico aspetto di facies "a luna piena" che tanto colpisce negativamente le pazienti con Lupus Eritematoso Sistemico.

Inoltre, dal momento che i raggi ultravioletti possono determinare uno scatenamento di reazioni autoimmuni, le pazienti con il Lupus Eritematoso Sistemico non possono esporsi al sole e quindi sfoggiare la pelle abbronzata, secondo i dettami di costume della epoca attuale.

Non potersi esporre al sole rimane una limitazione stabile, mentre tutti gli altri fenomeni possono regredire a livelli accettabili.

E' necessario creare uno spazio mentale per l' accettabilita', attraverso la ristrutturazione dell'immagine di Sé, anche dal punto di vista fisico.

Una dimensione in cui il paziente può essere facilitato ad entrare, sempre favorendo l'esame di realta' ed evitando o riducendo al minimo reazioni fobiche o controfobiche, é quella della cura di se stesso, ridisegnando i propri stili di vita, lasciando spazio per una moderata ma sistematica attività fisica, dedicando spazio alla riflesione su di sé ed alla lettura, praticando meditazione o tecniche di rilassamento, senza esitare di ricorrere a tuti gli aiuti che possono servire in un determinato momento, chiedendo comprensione e pazienza al partner per la propria faticabilità ed irritabilià.

torna su


IL LES in adolescenza

Spesso ci troviamo di fronte ad un esordio della malattia in eta' adolescenziale, ed e' proprio questo tipo di pazienti che maggiormente dovrebbero risentire delle complicazioni psicologiche che accompagnano la malattia.

L'adolescenza infatti presenta dei compiti evolutivi particolari. Si e' parlato della adolescenza come una seconda fase di separazione individuazione, il cui compito evolutivo e' quello di creare un senso di se' autonomo.

L'esordio della malattia in adolescenza puo' avere l'effetto di frustrare le aspettative di autonomia, legando la persona ad una dipendenza dalle figure parentali. Cio' rende difficile l'elaborazione della fase di separazione, nella quale si rivedono le relazioni con le figure parentali, rendendole meno onnipotenti, e la successiva fase di individuazione, in cui si dovrebbe poter acquisire un saldo senso di controllo della realta' esterna. Le limitazioni imposte dalla presenza del Lupus Eritematoso Sistemico rendono piu' tormentata l'acquisizione di questi obiettivi evolutivi.

Cio' avviene in un momento nel quale l'adolescente fa i conti con la delusione del proprio senso di onnipotenze e sperimenta spesso sentimenti di inadeguatezza. Tutto cio' e' fisiologico rispetto all'eta', ma la presenza di una malattia come il Lupus Eritematoso Sistemico, con le alterazioni dell'immagine corporea che comporta, finisce per esacerbare quelli che normalmente costituirebbero fenomeni strettamente legati all'eta'.

Impotenza, inadeguatezza e caduta dell'autostima possono portare ad una reazione paradossale che possa negare sia la dipendenza dalle figure parentali che la malattia, rendendo estremamente difficile ottenere il rispetto delle cure mediche, portando la paziente spesso ad un vero e proprio rischio di vita: le cure diventano il centro delle contese familiari, la propria indipendenza viene simbolicamente identificata con la libertà' di non essere malata e non seguire le cure e le prescrizioni comportamentali legate alla malattia (ad esempio, non esporsi al sole).

Altra reazione e' quella di pazienti adolescenti che, a causa dell'interferire della condizione di malattia cronica, non riescono a sviluppare un adeguato senso di sé e rimangono anche materialmente per lungo tempo dipendenti dalla famiglia. Le cure e la gestione della malattia diventano un pretesto per veicolare i propri bisogni affettivi di dipendenza.

Queste giovani rischiano di diventare poi adulte che avranno difficolta' nell'attivare una gestione consapevole della propria malattia, piuttosto mostrando la tendenza ad affidarsi a figure di riferimento, come un partner oppure un medico investito di particolare carisma.

Tale tipo di attaccamento ha sempre un suo risvolto ambivalente, rabbioso per la dipendenza a cui la paziente e' costretta, ambivalenza rabbiosa che spesso costituisce un vero e proprio ordine del giorno inconsapevole che porta a boicottare nei fatti le iniziative di cura che invece su un piano razionale e cosciente vengono perseguite.

Le pazienti adolescenti affette da Lupus Eritematoso Sistemico, per la particolarita' della loro condizione, dovranno potersi rivolgere ad uno Psicologo Clinico che le aiuterà a contenere l'impatto della malattia, che rende difficile l'assolvimento dei normali compiti evolutivi.

torna su


Il rapporto di coppia

Gestione del quotidiano
Sessualità
Gravidanza

  Il quotidiano

Negli ultimi anni la letteratura attribuisce un'importanza sempre maggiore, oltre agli eventi di vita cosiddetti 'importanti ", anche alle piccole seccature quotidiane, le " hassles ", quali possono essere delle lunghe file in banca o alla posta, dei tempi lunghi per trovare un parcheggio o altre difficoltà burocratiche di vario genere.

L'accumulo di un notevole numero di hassles potrebbe avere un peso equivalente, o addirittura superiore, a quello di un importante evento di vita.

Conosciamo l'influenza negativa dello stress lul LES.

E' importante quindi che nell'ambito della coppia avvenga una ristrutturazione di ciò che il partner si aspetta dal "lupetto" e di ciò che il "lupetto" si aspetta da se stesso.

Fastidi quotidiani come dolore alla articolazioni, irritabilità, tono dell'umore depresso, ansia, affaticabilità, possono rendere molto pesanti anche le attività che generalmente si danno per scontate.

Riconoscere serenamente le limitazioni ed insieme, nell'ambito della coppia, porvi rimedio, costituisce un importante compito del partner, visto che il "lupetto" tenderà a sottovalutare la propria situazione per non pesare sugli altri e per "dimenticarsi" della malattia.

Comunicazione aperta e sensi di colpa in soffitta, per sempre!

torna alla COPPIA

La sessualità

La libido sessuale é normalmente diminuita dai continui disturbi fisici, dalle aspettative ansiose di recrudescenza della malattia, dagli effetti collaterali di alcuni farmaci, dalla modificazione dell'immagine corporea ed i conseguenti effetti negativi sull'autostima, dalla difficoltà che incontrano alcune "lupette" rispetto all'uso degli anticoncezionali, dalla paura di una gravidanza che possa comportare dei problemi a causa della malattia.

Occorre quindi lavorare per ottenere un delicato equilibrio, per il quale la coppia possa comprendere le difficoltà ma allo stesso tempo non rinunciare a tenere viva la sessualità, l'affetto e la tenerezza.

Anche in questo caso i sensi di colpa possono rovinare l'ottenimento di un tale equilibrio, spingendo talvolta la donna verso l'esercizio di una sessualità più subita che desiderata e l'uomo verso un ritiro non stimolante della sessualità della compagna, quasi nel timore di infastidire o far male.

torna alla coppia

La gravidanza

Il Lupus Eritematoso Sistemico colpisce soprattutto donne in giovane eta', quindi potenzialmente interessate al tema della gravidanza, che però presenta degli aspetti problematici, soprattutto in presenza della cosiddetta sindrome antifosfolipidica con la presenza di anticorpi anticardiolipina.

Il rischio, in caso di gravidanza, e' legato alla possibilita' di aborto spontaneo (25% dei casi), alla possibilita' di sviluppare gestosi gravidica con insufficienza renale di vario grado, alla possibilità' di recrudescenza della malattia, in genere entro due mesi dalla data del parto.

I rischi per il neonato consistono principalmente in una rara malformazione cardiaca che comporta bradicardia e che prevede un intervento chirurgico (malformazione presente solo nei neonati da madri che presentano una specifica configurazione autoanticorpale, oramai identificabile), nella cosiddetta sindrome "LES neonatale", che si manifesta con eruzioni cutanee dovute alla presenza nel circolo di autoanticorpi materni passati attraverso la circolazione placentare e che regredisce spontaneamente in breve tempo.

La dimensione della gravidanza nel Lupus Eritematoso Sistemico assume quindi per la donna specifiche emozionalità legate all'assunzione di rischio, sia personale che di perdita del nascituro.

E' gia' noto che affrontare la gravidanza con serenita', con uno spazio mentale presente nella coppia che si configura come contenitore delle rappresentazioni relative al figlio che nascera', e' uno dei prerequisiti che consentono un minor numero di "incidenti di percorso".

Inevitabilmente ogni conflitto presente nella donna e nella coppia influira' sul modo in cui il corpo materno sapra' accogliere, nutrire a dare tranquillita' al nascituro.

Forse la spiegazione delle modalita' con cui questi fenomeni si determinano puo' essere racchiusa nello studio del sistema immunitario, che insieme al sistema neurovegetativo e neuroendocrino costituisce il cosiddetto "l'anello di congiunzione" tra mente e corpo, il famoso anello di congiunzione ricercato dai vecchi psicosomatisti che consideravano la mente come se fosse separata dal corpo.

Ora, per motivi che ancora sfuggono ad una spiegazione scientifica dei fenomeni, la gravidanza nell'ambito del funzionamento abituale del sistema immunitario, costituisce un caso a Se'. La gravidanza e' l'unica condizione in cui il sistema immunitario non produce anticorpi verso un patrimonio genetico nettamente identificato come "non-Se'". In altre parole, on ci si spiega come mai gli anticorpi non attacchino i 23 cromosomi paterni presenti nel feto, continuando comunque ad aggredire altri agenti esterni.

Questa condizione fisiologica e' foriera di ipotesi psicologicamente significative. La gravidanza in corso di Lupus Eritematoso Sistemico paradossalmente spesso comporta un miglioramento generale delle condizioni della malattia, talvolta fino a far transitoriamente scomparire la positivita' agli autoanticorpi caratteristici della malattia.

La ricerca medica si sta occupando quindi di identificare le specifiche configurazioni autoanticorpali che comportano rischi nella gravidanza, per fornire alle coppie che volessero intraprendere l'idea di concepire un figlio quanti piu' elementi per decidere.

Tale counseling temporalmente si colloca infatti prima della diagnosi prenatale, inizia quando appare l'idea di concepire un figlio.

Lo specifico dello Psicologo Clinico in quest'ambito consiste nell'aiutare la coppia ad esplorare le fantasie anticipatorie, evitando per quanto possibile la messa in atto di difese maniacali contro il lutto legato al dover rinunciare alla gravidanza, oppure legato al dover intraprendere una gravidanza "non normale", "a rischio", condizionata da ripetuti e sistematici monitoraggi polispecialistici.

Le difese maniacali agite, ancor piu' che l'ignoranza, portano alcune pazienti ad intraprendere gravidanze con un alto livello di rischio gia' prevedibile, negando quasi l'esistenza della malattia e non seguendo tutti i necessari monitoraggi, con conseguenze spesso gravi sia per la mamma che per il nascituro.

La coppia ceh desideri un bambino quindi cercherà di definire, attraversando le proprie rappresentazioni anticipatorie, quale sia il progetto di vita condiviso e come la presenza o l'assenza di un figlio naturale possa essere integrata nel progetto.

Solo la chiarezza su tale progetto condiviso potra dare alla coppia il "pensiero forte", la guida che consentira' di mettere in piedi una rete di consulenti medici che possano aiutare la coppia a realizzare il progetto.

La chiarezza sulla propria progettualita' e' una competenza psicologica che dovrebbe essere facilitata in ogni malato cronico attraverso un aiuto specialistico, in modo che il paziente, individuando sia il progetto che il metodo per realizzarlo, possa attivamente interloquire e circondarsi di tutte le collaborazioni necessarie.

Il tema della gravidanza si inserisce a pieno in questo tema, costringendo il paziente a prendere atto della necessita' di pensare in termini progettuali.

torna alla COPPIA

torna su


La relazione medico paziente

Spesso tra medico e pazione si instaura un tipo di rapporto definito "carismatico-affliliativo", motivato dal desiderio del paziente di dipendenza e punti di riferimento e dal desiderio del medico di conferma del proprio ruolo professionale, soprattutto quando i risultati del proprio operato sono per definizione non risolutivi, come in una malattia cronica.

Tale tipo di rapporto può essere rassicurante non solo per il sanitario che si vede continuamente confermato nel suo ruolo, senza necessita' di negoziarlo nella relazione professionale, ma risulta essere rassicurante anche per i pazienti ed i loro familiari.

Ne risulta una dinamica di affidamento regressivo che spesso nasconde sentimenti altamente ambivalenti, dal momento che in questo modo viene continuamente messa in dubbio l'autonomia propria delle persone adulte.

Una dinamica relazionale di questo tipo spesso esita in un affidamento ambivalente, con pazienti spesso disposti a cambiare struttura di assistenza alla prima difficolta', per meglio dire, alla prima occasione in cui la struttura sanitaria ed il medico curante non rispondono in maniera onnipotente e risolutiva, così come richiesto implicitamente dalla attribuzione di un ruolo carismatico effettuata dai pazienti.

Conseguenza dirette sono il moltiplicarsi della richiesta di prestazioni specialistiche, l'impegno di diverse strutture sanitarie con duplicazione di visite ed analisi cliniche, il ricorso alla negazione della malattia attraverso la cura con le cosiddette pratiche mediche alternative, fino a vere e proprie interruzioni di cura.

Lo Psicologo Clinico può avere una funzione fondamentale nell'aiutare il paziente nell'analisi della relazione messa in atto con le strutture sanitarie, per favorire un progressivo esame di realta' e la transizione da un modello di rapporto carismatico - affiliativo ad un modello di rapporto basato su motivazioni alla riuscita.

Parimenti lo Psicologo Clinico rivestirebbe la funzione di analizzare e favorire cosi' la trasformazione delle motivazioni al rapporto presenti nei medici: laddove la motivazione alla risuscita rischia di essere frustrata nel prendersi carico della cura di una malattia cronica, molti sanitari mettono in atto strategie difensive. nella relazione con il paziente: diventa allora piu' importante ottenere conferme del proprio ruolo e della propria abilita' di medico, attraverso il gioco di un ruolo carismatico, che delle volte aiuta il personale sanitario ad illudersi di sopportare lo stress professionale dovuto all'essere continuamente sottoposto all'insanabile contraddizione di avere il ruolo di curare una malattia che, definitoriamente, non si guarisce in quanto cronica.

Per il paziente invece non si tratta solo di riuscire nel miglior livello possibile di cura della malattia ma soprattutto di riuscire ad ottenere il miglior livello di cura possibile che consenta la migliore qualita' di vita possibile.

La qualita' di vita che ciascuno persegue e' direttamente legata al tipo di progettualita' messa in atto. la questione della gravidanza, da noi descritta sopra, implica ad esempio una serie di scelte che vengono effettuate non solo sul piano strettamente clinico, ma sul piano dell'intero equilibrio di vita della donna e della coppia. Il rischio della gravidanza ad esempio va sempre posto a confronto con il rischio psicologico di una mancata maternita' e non valutato unicamente con parametri medico clinici.

La "riuscita" della cura sara' veramente tale per il paziente se tali rischi verranno entrambi valutati. Non esiste un criterio assoluto di valutazione, essendo questa strettamente commisurata e dipendente da tipo di progettualita' di vita che il paziente tende a mettere in atto.

Occorrera' quindi che la progettualita' sia relativamente chiara e delineata e compito del personale sanitario é di aiutare a chairire la prgettualita e porsi come facilitatore della riuscita del progetto del paziente.

torna su

 

Note al testo

Hardiness

La capacità di resistenza individuale, definita HARDINESS, é stata articolata in tre tipologie:

- COMMITMENT ( impegno ), che indica la capacità di ognuno di credere in sè stesso e nelle proprie possibilità, la sensazione di essere coinvolto nella propria vita emozionale e la capacità, quindi, di impegnarsi in pieno nei rapporti di lavoro, familiari o interpersonali in generale, nonchè il saper individuare, nell'arco della propria esistenza, degli obiettivi o comunque delle priorità.

- CONTROL ( controllo ), fa sì che ognuno si assuma la piena responsabilità degli eventi della propria vita, piuttosto che attribuirli a forze esterne quali il destino o il caso, e chi lo possiede si sente fiducioso di poter influenzare quegli stessi eventi a proprio vantaggio.

- CHALLENGE ( sfida ), evidenzia una tendenza al cambiamento piuttosto che alla stabilità, e le persone che posseggono questa caratteristica vedono nell'evento " stressante " una ulteriore possibilità di sviluppo personale piuttosto che una minaccia alla loro tranquillità e quindi sono continuamente alla ricerca di esperienze nuove e stimolanti.

torna su

 


a cura del Dott. Roberto Mucelli dello Studio di Psicologia Clinica di Roma

Per informazioni e comunicazioni, scrivi:

roberto.mucelli@uniroma1.it